martedì 31 luglio 2012

Quod erat demonstrandum 14: euro e democrazia

Apro con un certo ribrezzo, dopo molto tempo, la home page di Repubblica (una delle cose più belle di questo blog è che nei rifiuti ci andate a rovistare voi, così evito di farlo io...), e cosa mi trovo davanti: un eloquente titolo "Monti: Crisi, fine del tunnel vicina, con risse dei partiti lo spread sale" (nella pagina interna il titolo è leggermente diverso). A parte il "rissa di" (io preferirei un "rissa fra", ma si sa che l'uso della preposizione oggi è quello che contraddistingue l'analfabeta - e ce ne saranno sempre di più in un paese che non vuole spendere a deficit...), a parte questo, non so se il messaggio è chiaro. Traduco: "io da tecnico ho fatto tutto quello che potevo e i risultati si vedono, per cui se le cose vanno male ora la colpa è vostra, dei politici, dei partiti, insomma: dell'inutile fardello della democrazia!".

Già.

Perché se il problema sono le risse, la soluzione è lì, a portata di mano: un bel partito unico, e morta lì. Finalmente i mercati sarebbero pacificati: con un partito unico, l'impegno preso (di svendere il paese) sarebbe senz'altro soddisfatto.

Capito, no?

Allora io continuo a chiedere: ma cari Sergio, Gennaro, Emiliano, Vladimiro, Riccardo, Claudio G. (mettiamoci pure lui), e via dicendo: possibile che il problema del rapporto fra euro e democrazia lo veda solo io? Possibile che solo io sia preoccupato dal tipo di messaggio che non da oggi e sempre meno subliminalmente le armi di disinformazione di massa stanno bombardando sugli elettori (elettori ancora per poco, temo)? Possibile che nessuno dica una parolina sui costi dell'euro se non per gonfiare quelli economici, evitando di affrontarli razionalmente, e trascurando completamente il tema dei costi politici? Possibile che nessuno di voi reagisca di fronte all'appiattimento della dialettica politica su un unico asse: l'asse Roma-Berlino-Washington, l'asse dello spread?

A me pare così strano. Siccome vi stimo molto, sono sicuro di aver torto io, il che mi tranquillizza, perché se invece avessi ragione...

Eppure, non so, c'è qualcosa che non mi torna.

Che il problema non sia la democrazia ma una diagnosi dolosamente errata del problema ce lo siamo detto da tempo: ci ho aperto questo blog! E che due più due possa fare cinque nelle menti dei grandi Soloni che lo calcolano con le equazioni di Bellmann non mi stupisce. Ma voi, come me, per questi calcoli usate il pallottoliere (o le dita della mano), come deve fare un buon economista, che economizza i mezzi adattandoli agli scopi. E allora perché non vi sento dire: quattro! Piuttosto state zitti, ma quattro non lo dite, proprio non vi esce. E anzi: "Bagnai, perché hai detto quattro?"

Già, in effetti me lo sto chiedendo anch'io...

lunedì 30 luglio 2012

Ortotteri e anatroccoli


(Schneider: condivido il tuo dolore, ma che ci vuoi fare: e’ il n’uovo ke avanza...)

Ciao a tutti.
Io e il prof siamo amici di penna, e in tempi non sospetti gli ho promesso di non intasargli il blog di propaganda politica. Non é casa mia e lo rispetto.
Ma a condizione che su questa -che ritengo essere la fonte stato dell'arte in materia macroeconomica- non si faccia disinformazione e non si rischi di danneggiare il mazzo che ci stiamo facendo altrove.
Io sono attivista del movimento, la mia specialità é proprio l'area macroeconomica, e per conto mio chi lo definisce forza di "destra liberista" ha perso dei pezzi in giro. E' vero che la nostra battaglia principale é contro la massa di corbellerie che arrivano dal blog di beppe, come l'ultimo, indecente, articolo di Benettazzo.
Ma é anche vero che nel Mov esiste un substrato di attivisi impegnati da mesi, anni sul tema. La tematica é discussa dentro e fuori la rete, su gruppi come Economia 5 stelle (https://www.facebook.com/groups/341357459231627/), e vi posso garantire che siamo perfettamente allineati sulle cause della crisi.
Abbiamo due grossi limiti su cui lavorare, uno é la disinformazione del blog di grillo (che però NON rappresenta in alcun modo la linea ufficiale del mov) e l'altro é la necessità di aggregare democraticamente consenso dentro e fuori il mov sul tema eurozona. Il mov é forza democratica, nessuno di noi può permettersi di arrivare con la ricetta donaldiana e spargerla sulle teste dei peccatori, e anche lo facesse non servirebbe a nulla. Possiam solo fare informazione dentro e fuori i nostri ranghi e sperare di raggiungere una maggioranza critica no-euroosistema. Per fare ciò ci serve tutto l'aiuto possibile, i nostri attivisti non chiedono di meglio che pareri autorevoli e documentati come quelli del prof. Bagnai e anche dell'aiuto non prevenuto di tutti voi che leggete questo post.
La componente populista di cui parla il prof. é presente nel mov, inutile negarlo. Io personalmente me ne frego e proseguo nel mio lavoro di divulgazione, la voglia di equità degli attivisti é tanta ed é sincera, va solo indirizzata con tanti validi argomenti. E troverei parimenti criminoso sprecare così tanta buona volontà perché "grillo dice cazzate".


Gent.mo Prof. Bagnai,
La contatto in qualità di partecipante del Movimento 5 Stelle di X, ma soprattutto in qualità di giovane sempre più interessata alle problematiche economiche internazionali che vivo. Inutile dire l’interesse per i Suoi studi e la visione generale di cio’ che stà accadendo che condivido.
Vorremmo organizzare una conferenza nella sala civica del nostro paese per spegare ai cittadini cose che i media non dicono e di cui Lei puo’ essere autorevole portavoce dato il peso scientifico della Sua persona.
Mi rendo conto dello spostamento fisico necessario ma mi chiedevo se in occasione di altri impegni nel nord, non potesse offrirci disponibilità per un sabato o domenica o per una serata infrasettimanale, per una paio d’orette, il tempo stretto necessari per la sola conferenza. Fretta non ne abbiamo, alla luce dei molti impegni che immagino già avrà, ci organizzeremmo in base alle Sue disponibilità.
Mi scuso se la contatto tramite i canali universitari, ma son gli unici Suoi riferimenti che ho trovato: mi arrangio da sola...
La ringrazio per l’attenzione e spero i non essermi dilungata troppo...



Dunque.

Cerchiamo di capirci subito, come abbiamo fatto illo tempore con i simpatici anatroccoli.

Io so quanto Mattia si dia da fare in ottima fede, e lo stesso vale credo per la ragazza che mi ha invitato e alla quale finora non ho risposto (me ne scuso, ma la mia vita è complicata, e posso assicurare che non sto rispondendo a molti, e non per cattiva volontà). Intuisco che entrambi cercano effettivamente di fare il lavoro che Mattia ha descritto: diffondere consapevolezza sui temi economici e garantire la maggiore democraticità possibile al movimento col quale cooperano. Mattia ha anche preso posizioni molto recise in passato, mettendo in gioco il suo percorso nel movimento (e quindi, per quel poco che posso capire, dando prova di un certo coraggio: ma io so solo quello che mi ha raccontato lui!), e ne ha parlato qui sul blog, tanto tempo fa (pochi mesi or sono, in effetti, ma la Storia corre...).

La valutazione quindi non è sulle persone che conosco, e nemmeno su quelle che non conosco, ma su alcune circostanze che mettono in oggettiva difficoltà.

Intanto, caro Mattia, sei ben consapevole del fatto che ortotteri e anatroccoli una cosa in comune ce l’hanno: quella di essere rappresentati da una persona che però a loro dire non li rappresenta (Grillo per gli ortotteri, Donald per gli anatroccoli). Capisci bene che questo simpatico (?) paradosso è un problema enorme: del resto, sì, si vede che lo capisci perché ne parli tu per primo. Nessuno sa bene chi scriva i post sul blog di Grillo (aggiungo sommessamente che non ce ne frega poi molto), ma pare di intuire il perché di un certo andamento ondivago: sondare il “mercato” elettorale, vedere come butta, provocare reazioni, per poi aggiustare il tiro. Un gioco lecito, per carità... Chissà, magari lo gioco anch’io... Solo che, vedi, secondo me questo modo di fare, non prendertela, io non voglio insegnare niente a nessuno, e so che lì ci sono dei professionisti, ma... siamo proprio sicuri che sia estremamente pagante? Avrete fatto i vostri conti: saprete quindi bene che molte persone possono essere infastidite da ambiguità tattiche (magari quelle che apprezzano invece la mia intransigenza), ma magari voi saprete (a un qualche livello) che questo gioco vi conviene. Meglio così per voi, ma poi non prendetevela se gli altri ve lo rinfacciano. Non è possibile che il movimento non abbia ancora una posizione sull’euro! Anche perché di posizioni su altre cose ne sono emerse, mi pare (non vi seguo molto, però, lo confesso).

Vedi, io ti ripeto in pubblico quello che ti ho detto in privato (e non so se lo hai riportato nelle alte sfere). Fino a poco tempo fa, io ero convinto che poteste essere un’opzione, non per “collaborare” con voi (la mia vita fa già abbastanza schifo così, non ci aggiungerei una militanza politica), ma semplicemente per darvi un voto, turandomi una narice sola, con la consapevolezza che questo voto avrebbe assestato un sonoro calcio sui maròni alla zdora, alla massaia emiliana con le maniche rimboccate, cioè a quella figura politica che io ritengo (a torto secondo alcuni, e magari sono io che sbaglio) il simbolo del peggio del peggio del peggio, l’epitome di tutta quella complessa sinergia fra ignoranza, supponenza, e bramosia di potere, che ha distrutto il paese che amo.

Non che fossi convinto di voi: ma ero abbastanza convinto di lui da pensare di poter utilizzare voi per far del male a lui. Chiaro il concetto, no?

Bene.

Questo comportamento tattico mi è diventato impossibile dopo aver letto la frase: “Una precisazione sull'euro. Io non sono contrario all'euro in principio. Ho detto che bisogna valutare i pro e i contro e se è ancora fattibile mantenerlo. Ma, se usciremo dall'euro, sarà solo a causa del nostro enorme debito pubblico.” (qui). Un po’ arduo, nevvero, argomentare che queste parole non rispecchino il movimento, no? C’è scritto “comunicato politico”. Credo che questa frase vi abbia danneggiato molto, non solo con me, ma magari vi ha aiutato con tanti altri, e alla fine un voto è un voto, non importa chi lo dà, giusto?

Comunque, da allora ho cominciato a vedere il movimento in una luce diversa.

Mi sono detto: ma se io fossi estremamente astuto e estremamente avido di potere, dove andrei a cercare voti oggi in Italia? E mi sono risposto che in Italia esiste una vena aurifera, una autentica miniera elettorale: quella dei piccoli dottor Livore. Sai quelli che sono convinti di lavorare solo loro, di pagare le tasse solo loro, quelli che stanno sempre a guardare nel piatto o in casa del vicino, sì, i piccoli dottor Livore marci di invidia e di odio sociale (sentimenti montati ad arte dai mezzi di disinformazione), quelli per i quali un insegnante non lavora (lavorano solo loro), quelli per i quali un impiegato pubblico è necessariamente improduttivo (producono solo loro), quelli lì, insomma: i lettori tipici del quotidiano luogocomunista. Sai quelli che sono avvelenati contro lo Stato perché quando sono andati al pronto soccorso con un’unghia incarnita si son visti passare davanti uno con una frattura esposta? Certo, la frattura era grave, ma a loro la loro unghia faceva male... Sai quelli che urlano contro la casta, perché forse questo è il modo più rapido di entrare a farne parte? Sai quelli che berciano tanto contro le escort di Berlusconi, sostanzialmente perché vorrebbero farci un giro loro, poverini, ai quali la legittima consorte magari ha dichiarato serrata anni or sono, stanca, appunto, del loro livore. Ecco, quelli... Loro sono contro lo Stato, perché non vorrebbero pagare le tasse, e se tu dici “debitopubblico”, non importa quanto a vanvera, certo li avrai con te.

Ora, io non posso, per un fatto mio, mi scuserai, non posso nemmeno accostarmi a un movimento (neanche per sputargli addosso, e infatti come vedi ti ho dato modo di difenderti), non posso far entrare nel mio orizzonte mentale un movimento che oggi, il 30 luglio 2012 alle 22:35, appoggi una diagnosi sbagliata dei fatti (la colpa è del debitopubblico) per captare il consenso elettorale di persone che per di più disprezzo (e che non siete ovviamente né te né la giovane volenterosa del Nord, quella che vuole smuovere la mia pesante personalità, ma tutti quelli di quali avete bisogno per far numero). Non posso, e credo molti non possano, per tre ben precisi motivi:

1)      perché la diagnosi è sbagliata (chiunque segua questo blog sa che nel meccanismo delle crisi fotocopia, nella trama del film già visto, il debito pubblico non c’entra un bel niente se non come sintomo finale della fase acuta);

2)      perché l’errore potrebbe non essere dovuto a ignoranza, ma a comportamenti tattici che sono leciti, ma nei quali è sempre più difficile riconoscersi, perché somigliano troppo a uno spregiudicato tentativo di scalata al potere;

3)      perché rivolgersi a questo elettorato con il messaggio debitopubblicocastacoruzzzzzionebrutto espone al rischio di farsi strumentalizzare in senso fortemente neoliberista e reazionario.

Sai, un voto è un voto, certo. Ma chi te lo ha dato poi ti chiede qualcosa in cambio, e se non gliela dai poi non ti rivota. E allora è giusto e anche nobile (senza ironia), ma anche inutile che tu te la prenda per le reazioni dei miei lettori alle esternazioni di certi pseudoeconomisti. Queste reazioni purtroppo per te (e, se vuoi, anche per me, che ora veramente non so più per chi votare) sono motivate, motivatissime, arcimotivatissime! Ma come cazzo vi salta in mente di ospitare personaggi simili pensando di non pagarne le conseguenze? Lo so io, come vi salta in mente: perché forse qualcuno si è fatto (o vuole farsi) due conti, e ha pensato: ma vediamo un po’ quanti giovinastri tiriamo su se parliamo di signoraggio e scie chimiche (per dire: il livello quello è, ci siamo capiti).

Va bene, continuate così.

E lo sai cosa succederà, no?

Succederà che magari avrete un gran successo (a te lo auguro, perché mi sei simpatico), e poi però non saprete cosa farci, perché l’unico economista che avrete a disposizione sarà quello dalla rima impegnativa, o quella di Brian di Nazareth. E anche in questo siete molto simili agli anatroccoli, che se mai si dessero una veste politica, si troverebbero poi a gestire una situazione analoga.

E allora daje a ride.

Anche se nel frattempo chi nella casta ci voleva entrare ci sarà entrato.

Concludo.

Credo che per molti sia difficile oggi confrontarsi con movimenti che propongono una diagnosi sbagliata della situazione. Perché se è sbagliata la diagnosi, sarà evidentemente sbagliata la terapia: se la colpa è falsamente, tatticamente, demagogicamente, infondatamente attribuita allo Stato, alla castacoruzzionedebbitopubblico, allora tutto si risolve coi tagli: i famosi salvataggi che non ci salveranno, e che non ci stanno salvando perché i problemi sono altri (ma non devo rifare a te tutta la spiegazione). Che non ci stiano salvando credo lo possa capire anche il vostro cubista (non in senso pittorico: in senso di ragazzo immagine). E quindi non credo tu possa dire sic et simpliciter “il movimento non propone politiche neoliberiste perché io non sono neoliberista”. Non credo che funzioni così.

Sai, se qualcuno non avesse parlato, se qualcuno, più precisamente, non avesse pontificato, cioè fatto un ponte, fra la teoria economica e la coscienza dei cittadini, provando a far capire ai più quello che sapevano solo i meno, il vostro compito sarebbe molto più facile oggi. Mi dispiace aver contribuito a rendertelo più difficile seminando consapevolezza. In fondo mi sei simpatico e mi sarebbe piaciuto vederti a Montecitorio sotto il vessillo del castacoruzzionebrutto. Ma oggi in hoc signo non vinces, o comunque molto meno facilmente di qualche mese fa. Colpa (anche ma non solo) mia. Sorry.

E allora che si fa?

Per me che vedo la cosa nella sterile e ristretta ottica del tecnico dell'economia (nonché possessore di un unico voto: il suo) ci sono due possibilità: il flight to quality, o il buttarla in caciara. Traduco: o vi decidete a dare un messaggio chiaro basato su analisi serie, motivate e coerenti (Oltre l’austerità ne propone un bel po’), e ad attenervi a quello, oppure andate avanti proponendo un giorno la rima in “azzo”, poi magari il giorno dopo la desinenza in “in”, salvo poi intenerirvi nel terzo giorno per le tematiche altermondialiste, un goccio di angostura, una shakerata, e via bordeggiando.

Fondamentalmente sono fatti vostri e anzi scusa se te ne parlo.

Posso solo dirti che agli anatroccoli che mi contattano dico: “bene, cari, visto che siete rappresentati da un rappresentante che non vi rappresenta, prima prendete distanza da certe sue esternazioni (senza mettere nessuno in difficoltà, ma solo per fare chiarezza) e poi si parla”. Allora: se mi scrive uno di sinistra, mi deve prima chiedere scusa (perché all’euro ci ha creduto lui, mica io! Quindi se vuole che ora gli si tolgano le castagne dal fuoco, cortesia vuole che si presenti con un minimo di contrizione!). E se mi scrive un altro membro di questa bella d’erbe famiglia e di animali, io chiedo prima di prendere le distanze nell’interesse di tutti da affermazioni pericolose, e poi si parla. Io non penso di avere ragione e non voglio convincere nessuno. Ma non posso nemmeno impegnarmi a dialogare se non ci sono i requisiti minimi per poter pensare che non sia una totale perdita di tempo, considerando che sto tanto bene a casa mia. E io vorrei tanto poter parlare con tutti, perché sono tanto curioso dell’umanità. Ma il tempo è così poco...

Chiaro, no?

In bocca al lupo. Alla fine, meglio te di un altro (e soprattutto di un'altro).

La svolta di Draghi è comunque inutile (quindi dannosa)


"La svolta di Draghi"... Come "La scelta di Sophie"... Il solito fottuto genitivo soggettivo, quello che nei titoli si porta molto (ricordate “Le obiezioni del piddino”?). Vi offro un lungo post della lunga, lunghissima serie intitolata “ma dde che ssamo a parla’?”.


Ho in comune con il prof. Santarelli il fatto di avere un percorso accademico piuttosto variegato. Come lui ha preso il PhD in Anatomia finanziaria comparata ai Bagni Luigi 93 di Cattolica, così io ho preso un master in Pragmatismo concettuale al Dopolavoro Ferroviario di Roma. Ricordo con affetto tutti i miei insegnanti. Questa storia della svolta di Draghi mi ha fatto tornare in mente Giuliano. Quale fosse il suo lavoro non l’ho mai capito troppo bene: agente assicurativo? Rappresentante? Intermediario? Chissà. Certo che però lui ogni mattina era lì, sul pontile. Di lavori di intermediazione che lasciano le mattinate libere, ecco, ora, a posteriori, me ne viene in mente uno solo, e devo dire che lui il physique du rôle, per quel mestiere, ce l’aveva. Parlo nella quasi certezza che non mi legga, perché allora, trent’anni or sono, aveva passato la cinquantina, tanto che io, in un accesso di classicismo, solevo chiamarlo Giuliano l’aprostata, confondendo ad arte l’apostasia con l’adenoma (che poi son due cose che iniziano entrambe per “a”, come apolitico, apartitico e anfame – per chi se lo ricorda...).

Insomma, un bel giorno Giuliano arriva tutto in tiro (visita a un cliente?), e il commento mi affiorò spontaneo alle labbra: “Ammazza Giulia’, quanto sei fico oggi! Hai svortato?”. Rispose scanzonato, da vero romanaccio: “Sì, ma ho pure ‘nfrociato!”.

(Per i non romani: “svorta’” significa dare una svolta in senso positivo a una situazione – ad esempio economica – ma anche cambiare direzione con l’automobile; “infrociare” significa andare a sbattere – con l’automobile. La risposta di Giuliano giocava sull’ambiguità della “svorta”).

E così, mi dite, anche Draghi ha svortato. Eh, sì, che lui abbia svortato è cosa nota. E a infrociare siamo stati noi. Cerchiamo di capire perché l’ultima “svorta” non merita nemmeno che se ne parli, e perché i suoi effetti dureranno l’espace d’un matin. 

Il discorso si divide in due: il lungo periodo, e il breve periodo. Nel lungo periodo c’è da confutare il luogo comune che l’euro diventerebbe sostenibile con una bcesimileallafed (per i nuovi arrivati: in questo blog i mantra luogocomunisti vengono scritti tutti attaccati). Un compito estremamente semplice perché i motivi per i quali questa è una lieve imprecisione sono già stati dettagliati da noi (e non da altri, temo: questo credo sia uno dei miei pochi contributi originali al dibattito, ma se mi smentite sono contento) in Crisi finanziaria egoverno dell’economia (par. 6) e in Le aporie del più Europa (contenuto nell’ebook Oltre l’austerità, che dovreste leggere, mentre dai vostri commenti vedo che non lo avete fatto, facendomi fare una figura marrone con Sergio Cesaratto al raduno degli etilisti romani). Nel breve periodo c’è da capire quale sia il significato di queste manovre palliative. Argomenterò che esse sono sostanzialmente isomorfe (cioè so’ la stessa robba) a quelle con le quali altri governatori in altri tempi difesero non la moneta unica, ma la lira. Manovre, insomma, che servono a dare ai soliti noti il tempo di farsi con relativo comodo i fatti loro, naturalmente a spese nostre. Come si possa da certe parti della sinistra salutare una roba del genere con ottimismo (cauto, moderato, o esplicito) rimane per me un assoluto e totale mistero. Per illustrare questa ipotesi ci riferiremo alla meccanica della crisi del 1992, che pur con le evidenti differenze rispetto alla situazione attuale rimane l’esempio più calzante ai nostri scopi didattici (per motivi che ho illustrato nel mio ultimo lavoro Unhappy families are all alike).

Bcesimileallafed: il lungo periodo

L’idea che una Bce sufficientemente disposta a stampare moneta (vuoi per rifinanziare le banche, vuoi per acquistare i titoli del debito pubblico dei paesi in maggior difficoltà) possa in qualche modo rendere l’euro sostenibile nel medio-lungo periodo è un’idea assolutamente balzana che non tiene conto né della natura economica degli squilibri che stiamo vivendo, né della loro dimensione politica.

Circa la natura economica, abbiamo più volte ricordato come l’evidenza empirica da un lato , e le spiegazioni teoriche più coerenti dall’altro (il meccanismo del ciclo di Frenkel, che ho spiegato a Cesena e in Oltre l’austerità), vedano nei differenziali di inflazione fra i paesi dell’Eurozona (EZ) uno degli snodi cruciali del meccanismo che conduce all’accumulazione esplosiva di debito privato verso l’estero e quindi alla crisi. La crisi non inizia da questi differenziali (chi è interessato si guardi il video di Cesena), ma si alimenta grazie alla loro persistenza, che determina un progressivo deterioramento della competitività nei paesi periferici (dove i prezzi crescono più in fretta e i cui beni diventano quindi progressivamente meno appetibili).

Ora, il fatto è che “moneta unica” non vuol dire “inflazione unica”: ci sono molti fondati dubbi sul fatto che sia solo la moneta a determinare l’inflazione, e unire più economie diverse sotto la stessa moneta non ha mai portato a una uniformità dei tassi di inflazione. Le evidenze di cui disponiamo suggeriscono che la dinamica dell’inflazione è influenzata in gran parte dalle condizioni e dal funzionamento del mercato del lavoro (come abbiamo spiegato qui). Che moneta unica non voglia dire inflazione unica è dimostrato dal fatto che in Italia, dopo 150 anni di moneta unica (ci siamo? Leggete le mie labbra: c-e-n-t-o-c-i-n-q-u-a-n-t-a) non si è ancora avuta perfetta convergenza dei prezzi, come ci documenta con dovizia di dettagli uno studio della Bancad’Italia e come sa chiunque come me viva in una città e lavori in un’altra (secondo voi faccio la spesa a Roma o a Pescara?) Questo non stupisce se pensiamo alle differenze strutturali esistenti fra Nord e Sud (ma anche, come nel mio caso, fra Ovest ed Est). Differenze che la politica monetaria da sola non solo non colma in modo definitivo, ma nemmeno, direi, in modo temporaneo.

Per avere un’idea di quello che voglio dire, cioè del fatto che una politica monetaria centralizzata non può fare molto (in realtà non può praticamente fare nulla) per risolvere gli squilibri territoriali presenti in un’area (nazione, come nel caso della lira, o continente, come nel caso dell’euro), basta un semplice esempio, che abbiamo già fatto. È sufficiente osservare il grafico del tasso di interesse reale italiano (che esprime l’atteggiamento della politica monetaria condotta in modo centralizzato dalla Banca d’Italia), e del deficit delle partite correnti del Sud Italia verso il resto del mondo (di cui, evidentemente, magna pars è il deficit verso il Nord Italia). Lo abbiamo analizzato in questo post e ve lo ripropongo qui:



Vedete? Il tasso di interesse reale va su (politica monetaria restrittiva: il denaro costa di più) e giù (politica monetaria espansiva: il denaro costa di meno, che è quello che chiediamo oggi a Draghi), ma il deficit rimane lì, granitico, fra i 15 e i 20 punti di Pil.

Una Bcesimileallafed non potrebbe fare per gli squilibri regionali europei molto di più di quanto una Bancaditaliasimileallabancaditalia abbia fatto per gli squilibri italiani: zero carbonella, signori, questo dicono i dati! Se non lo vedete cambiate occhiali, se non lo capite leggete bene i post linkati, ma le cose stanno così e basta. Chi dice il contrario deve argomentare molto ma molto bene, se non vuole fare la figura del patetico incompetente. Arrogante? Può darsi. Dimostratemelo voi, che siete umili!

Ma attenzione!

Non sto dicendo che nel breve periodo un’espansione monetaria centralizzata non aiuterebbe. Certo, potrebbe farlo. Ma nel lungo no: i differenziali di inflazione fra regioni rimarrebbero, e anzi potrebbero risultare amplificati dalla presenza di una maggiore liquidità nel sistema, laddove questa liquidità venisse convogliata verso i paesi periferici. Del resto, che la crisi si sia alimentata così ce lo dicono anche gli autori di più stretta omodossia.

Ma oltre a questo, le proposte di Bcesimileallafed ignorano il dato politico del problema, che è estremamente semplice: come ormai è chiaro a tutti e confessato apertamente daisuoi artefici, la costruzione europea ha avuto se non lo scopo, almeno il risultato di avvantaggiare alcuni paesi (in particolare la Germania) a danno di altri, consentendo ai primi di lucrare grossissimi avanzi commerciali e quindi di acquisire una posizione creditoria a spese dei secondi. La periferia si è indebitata col centro per comprare i beni del centro. Ora, si dà l’amaro caso che ai paesi che hanno incamerato questi benefici, in termini di crediti nei riguardi dei paesi periferici, non vada minimamente di contribuire alla soluzione degli squilibri. Non solo: ora che i loro crediti sono diventati inesigibili per il fallimento dei debitori privati e pubblici (in Grecia) del Sud, i paesi del Nord non vogliono accollarsi una parte delle perdite, come è sufficientemente evidente (e anche comprensibile, dal loro punto di vista), ma anzi insistono opponendosi con una serie di “Nein” a tutte le ipotesi di “socializzazione” o “mutualizzazione” di queste perdite. La Bcesimileallafed è una di queste ipotesi. Pensateci. In questo momento probabilmente no, ma in termini generali si può argomentare (e comunque gli economisti del Nord argomentano) che una Bce che fosse sempre accomodante rispetto al debito pubblico dei paesi membri, acquistandolo ogni volta che ci sono problemi, potrebbe (secondo loro) portare a un tasso di inflazione più elevato nell’EZ. Ora, come voi credo sappiate o capiate, l’inflazione ha effetti redistributivi dai creditori ai debitori, per il semplice fatto che se prendi in prestito 10 quando i prezzi sono a 1, e restituisci 10 quando i prezzi sono a 2, di fatto hai preso in prestito 10/1=10 di potere d’acquisto, ma devi restituire solo 10/2=5 di potere d’acquisto. L’inflazione, cioè, erode quello che gli economisti chiamano il “valore reale” del debito. Certo, ci sono i tassi di interesse, ma se l’inflazione è imprevista (ad esempio perché consegue a un cambiamento di struttura della politica monetaria che non prevedibile, come quello che sarebbe rappresentato da una fantomatica Bcesimileallafed) il tasso di interesse non può incorporarla, e quindi si rimane col fatto che il creditore ha corrisposto moneta “buona” (che compra un certo ammontare di beni) e si vede restituire in ammontare di moneta “cattiva” (perché compra un minore ammontare di beni, visto che i prezzi sono cresciuti). Questo è il problema.

Chi dice che i tedeschi sono contrari all’inflazione perché l’iperinflazione di Weimar ha portato al nazismo non sa né l’economia né la storia. La culla del nazismo è l’esplosione della disoccupazione dovuta alle politiche deflazionistiche messe in opera all’inizio degli anni ’30, quando l’esperienza di Weimar si era conclusa da un pezzo (e come dice er Bufalo, si ‘o volete da vede cliccate qua).

Ricapitolando: la Bcesimileallafed non risolverebbe nulla nel lungo periodo perché:

1)      moneta unica non significa inflazione unica e quindi una politica monetaria centralizzata quale che sia non influisce sugli squilibri regionali, per cui il meccanismo che ha condotto alla crisi rimarrebbe inalterato, e:

2)      i tedeschi sono contrari all’inflazione perché sono creditori del resto d’Europa, e come ogni creditore preferiscono essere rimborsati in moneta “buona” anziché “cattiva”, il che li porta ad avversare qualsiasi cambiamento istituzionale che possa portare (secondo loro) a un incremento generalizzato dell’inflazione in Europa (pur senza colmare i differenziali da paese a paese), semplicemente perché questo corrisponderebbe a quella socializzazione delle perdite della quale chi ha privatizzato i profitti non vuole sentir parlare.

Ci siete?

Bene: se ci siete, siete un bel pezzo avanti alla maggior parte dei miei colleghi. Capito mi avete, no? E allora facciamo un pezzettino di strada in più.

Entracte: la crisi del 1992

Il meccanismo della crisi del 1992 l’ho spiegato nel post in cui sbugiardavo alcuni disinformatori di regime. Lo ricapitolo qui per voi.

1)      Nel 1992 l’Italia aderiva allo Sme (Sistema monetario europeo) nel quale era entrata nel 1979.

2)      L’adesione comportava il mantenimento del cambio della lira entro una banda di oscillazione attorno a una parità centrale definita in termini di ECU (una valuta scritturale il cui valore era dato da una media ponderata delle quotazioni delle valute appartenenti agli accordi di cambio): lo Sme era quindi un sistema di cambi fissi (attorno alla parità “centrale”), ma aggiustabili (le parità centrali potevano essere ridefinite in caso di squilibri fondamentali che le rendessero insostenibili per un paese).

3)      Il cambio “fisso” non è tale per legge di natura, ma perché quotidianamente la Banca centrale interviene colmando l’eccesso di offerta o di domanda di valuta nazionale e quindi portando in equilibrio il mercato valutario al “prezzo” stabilito, cioè al tasso di cambio di riferimento (la parità centrale, appunto).

4)      Normalmente la valuta di un paese viene chiesta da operatori esteri in due circostanze:
a.       per acquistare i beni prodotti in quel paese (esportazioni di merci e servizi dal paese);
b.      per acquistare titoli emessi nel paese (importazioni di capitali nel paese).
Quest’ultima cosa va capita, e capita bene. Il tedesco che acquista un Cct di fatto offre marchi per acquistare lire, con le quali acquista il titolo. In Italia entra valuta (che bello!), ma l’Italia ha un debito con la Germania (che bello?). Certo però che in entrambi i casi abbiamo una domanda di valuta nazionale che sostiene il cambio della lira. Il cambio, quindi, può essere sostenuto vendendo merci all’estero o indebitandosi con l’estero. Capitelo bene, per favore. Capitelo. È tutto qui. Se questo non è chiaro, chiedete. Ma se non capite questo, non avete strumenti per leggere il mondo.

5)      E quando viene offerta la valuta nazionale? Dai, che ce la fate... Evidentemente nei casi uguali e contrari, cioè:
a.       per acquistare beni prodotti all’esterno del paese (importazioni di merci e servizi: per acquistare un barile di petrolio l’italiano offre lire, acquista dollari, e con questi il petrolio);
b.      per acquistare titoli emessi all’estero (esportazioni di capitali). Per acquistare un Tbill americano un italiano offre lire in cambio di dollari, e con i dollari acquista il titolo americano. Dall’Italia escono lire (che brutto!) ma l’Italia acquisisce un credito verso gli Stati Uniti (che bello!).
Il cambio quindi viene depresso dalle importazioni di beni o contraendo crediti verso l’estero (fuga o esportazione di capitali).

6)      Apro e chiudo una parentesi per quelli particolarmente “de coccio” (detto affettuosamente e con la consapevolezza di aver impiegato molto tempo anch’io a capire: ma nessuno me l’aveva mai spiegato come io lo sto spiegando a voi!): ovviamente queste operazioni sono mediate dal sistema bancario e molto spesso l’utente finale (voi) non partecipa direttamente a tutte le fase. Esempio: se acquistate una quota di un fondo comune di investimento che nella sua composizione ha anche dei titoli americani, non siete certo voi che andate all’ufficio cambi a comprare i dollari ecc. ecc. Lo so: voi siete il centro del vostro mondo. Ma la maggior parte di voi, come me, non conta niente. Io sto facendo un ragionamento macroeconomico e aggregato. Se non riuscite a capire che quello che succede a un paese è la somma di quello che succede a chi ci vive... allora avete già perso!

7)      Come in qualsiasi mercato, se l’offerta eccede la domanda, il prezzo scende. Quindi sul mercato valutario il cambio tenderà a deprezzarsi se:
a.       le importazioni di beni superano le esportazioni di beni (deficit commerciale);
b.      le esportazioni di capitali superano le importazioni di capitali (deficit del conto finanziario della bilancia dei pagamenti).
Il cambio tenderà invece ad apprezzarsi se:
a.       le esportazioni di beni superano le importazioni di beni (surplus commerciale);
b.      le importazioni di capitali superano le esportazioni di capitali (surplus del conto finanziario).

8)      Conseguenza: se un paese per un qualsiasi motivo comincia a trovarsi in deficit commerciale (ad esempio perché è penalizzato dalla rigidità del cambio), cercherà di compensare questo deficit con un surplus del conto finanziario della bilancia dei pagamenti, cioè tenterà di aumentare le importazioni (e limitare le esportazioni) di capitali. Come si fa a importare più capitali? Semplice: si offre un tasso di interesse più alto. Questo è il motivo per il quale l’adesione allo Sme, insieme al divorzio fra Tesoro e Banca d’Italia, ha portato a un incremento dei tassi di interesse italiani a partire dagli anni ’80. Mi riferisco, naturalmente, ai tassi reali, cioè depurati dall’inflazione (vedi la spezzata rossa nel grafico precedente).

9)      Ma se un paese importa capitali (a qualsiasi titolo) poi deve anche pagarli (in termini di interessi corrisposti all’estero). Anche se c’è qualche sconclusionato dilettante che in rete dice il contrario, non ci sono free lunch nemmeno nel mercato dei capitali. Così, se si importano molti capitali (cioè se si contraggono molti debiti) al deficit commerciale si aggiunge un ulteriore flusso di valuta in uscita dal paese. Questo è un esempio di quello che chiamiamo uno squilibrio “fondamentale”. L’Italia si è trovata in questa situazione nel 1992, e ci si trova oggi, come ho spiegato su lavoce.info.

10)  Attenzione: la Banca centrale per difendere il cambio ha due opzioni:
a.       di una vi ho parlato: aumenta i tassi di interesse. Ottimo, arrivano i capitali (nel breve periodo), così possiamo finanziare i nostri acquisti di importazioni. Ma, dopo un po’... pessimo! Devi corrispondere gli interessi, quindi... Oooooops! La situazione è peggiorata.... l’offerta di valuta nazionale aumenta... occorrono dollari (o marchi, o yen) non solo per acquistare le merci, ma anche per ripagare gli interessi sui debiti contratti con l’estero. Mannaggia! E chi se lo aspettava! Certo non gli sconclusionati dilettanti che rinnegano la contabilità nazionale...
b.      Bene: allora la Banca centrale, sempre nel nobile e disinteressato scopo di “difendere” il cambio, compra lei la valuta nazionale in eccesso di offerta. E come fa? Semplice: utilizza le proprie riserve in valuta estera. Se c’è un’offerta eccessiva di lire, la Banca d’Italia usa i propri dollari, o marchi, o qual che è, per ritirare le lire in eccesso dal mercato valutario. Chiaro, no? Qual è l’unico problema? Non lo vedete? Proprio non lo vedete? Ma è semplice: la Banca d’Italia può stampare solo lire, non marchi (o dollari)! Quindi le “munizioni” per difendere il cambio dopo un po’ finiscono.

11)  I mercati vedono benissimo se un paese ha un mercato valutario equilibrato o se ha squilibri fondamentali: semplicemente, nel caso di squilibri, noteranno che:
a.       la bilancia commerciale è in deficit persistente (e anche il saldo reddito è negativo perché vengono pagati molti interessi all’estero), e:
b.      il cambio manifesta un tendenza al ribasso (nel caso dello Sme, tenderà a essere sempre un po’ al disotto della parità centrale).
Se il cambio fosse libero di fluttuare, non ci sarebbero grandi problemi: semplicemente, il cambio scenderebbe, i beni nazionali diventerebbero più convenienti, esporteremmo più merci e importeremmo meno capitali (che comunque rimborseremmo in valuta svalutata). In questo modo verrebbe conseguito un nuovo equilibrio, e non ci sarebbero margini per un attacco speculativo.

12)  Se questo non è chiaro, guardate cosa succede se i cambi sono fissi ma aggiustabili: in presenza di squilibri fondamentali, la Banca centrale mantiene il cambio acquistando valuta nazionale in cambio di valuta estera. Questo scatena un meccanismo esplosivo. Quando gli speculatori vedono che la Banca centrale sta esaurendo le riserve, scatenano un attacco al ribasso vendendo lire: la Banca centrale è costretta a “difendersi” vendendo (in ipotesi) marchi. Gli speculatori riescono così a imbottirsi di marchi e continuano a chiederne, continuando a vendere lire, naturalmente sempre al cambio fisso. Di fatto, la Banca centrale, difendendo il cambio, garantisce agli speculatori di poter comprare marchi relativamente a un prezzo calmierato. In altre parole, lo scopo di questa pantomima è semplicemente quello di ostacolare il funzionamento della legge della domanda e dell’offerta: ostacolo posto, stranamente, da istituzioni come le banche centrali, tutte liberismo e distintivo! Quando le riserve finiscono, la Banca centrale è costretta a svalutare, il che significa (Goofynomics) che il prezzo della lira scende, ma quello del marco sale! Gli speculatori possono ora rientrare sulla lira, lucrando l’incremento di prezzo del marco.

13)  Intermezzo: un esempio concreto. Nel periodo luglio/agosto 1992 il cambio lira/marco si situava attorno a 760 lire per marco. Gli speculatori vendevano lire, ma il cambio veniva difeso. A settembre salì in una volta sola a 809 lire (quindi la lira si era svalutata del 6.5% in un mese) e a quel punto gli speculatori cominciarono piano piano a rientrare.

14)  Capito? Supponiamo che il tasso di cambio fosse stato libero di fluttuare. In questo caso la svalutazione sarebbe stata progressiva e impercettibile (sarebbe iniziata del resto molto prima) e gli speculatori non avrebbero potuto lucrare su un singolo evento one shot di svalutazione. Immaginate un attacco ribassista in caso di fluttuazione del cambio: tu offri lire per chiedere marchi... ma dall’altra parte non trovi un governatore della Banca d’Italia che ti offre marchi a prezzo calmierato (come sarebbe costretto a fare se dovesse difendere il cambio): semplicemente, il prezzo del marco sale (cioè la lira si svaluta), e quindi alla fine a te non conviene più attaccare per due motivi: primo, perché imbottirti di marchi ti costa sempre di più (mentre se il cambio è fisso il marco rimane a buon mercato); secondo, perché lasciando fluttuare il cambio la Banca centrale non è costretta a spendere le proprie riserve, quindi non c’è un limite fisico preciso che indichi un punto di rottura oltre il quale si avrà una svalutazione massiccia che ti permette di ottenere un guadagno: anzi: una svalutazione massiccia proprio non ci sarà, semplicemente perché la svalutazione avviene progressivamente, nel day by day, proprio per effetto dello stesso attacco. Che quindi, ça va sans dire, non viene nemmeno tentato (perché sarebbe inutile)!

15)  Nota bene: va da sé che la svalutazione non ha solo benefici ma anche costi (molto sovrastimati dai media, d’accordo, ma ce li ha) e che gli squilibri fondamentali è meglio correggerli. Ma qui non stiamo parlando di questo: stiamo parlando di come evitare che con ottime (!) motivazioni le Banche centrali giochino una pantomima che permette agli speculatori di fare un pacco di soldi nel giro di pochi giorni.

16)  Sintesi: il meccanismo dei cambi fissi ma aggiustabili fomenta la svalutazione destabilizzante; quello dei cambi flessibili la scoraggia. Se non è chiaro, rileggete. Se non è chiaro, rileggete. Se non è chiaro, rileggete. Se ancora non è chiaro, chiedete. Astenersi pigri: a quelli ci pensano Mario&Mario.

Analogie

Se avete letto e capito quanto precede, credo che siate pronti ad applicare le lezioni della storia al presente. Sta succedendo, a grandi linee, la stessa cosa che è successa nel 1992. Esattamente come nel 1992, l’Italia, penalizzata dalla rigidità del cambio, ha visto deteriorarsi il proprio saldo commerciale, ha cominciato a importare capitali dall’estero, e ha cominciato a indebitarsi con l’estero per pagare gli interessi sul debito estero. Esattamente come nel 1992, e come ho spiegato nel 2011 su lavoce.info, questo è il segnale che gli speculatori attendevano: un paese ingabbiato nella spirale del debito (mi indebito per pagare gli interessi sul debito) è particolarmente fragile. Si è così scatenato un attacco speculativo che si è manifestato non con la vendita di lire (che non ci sono più) ma di altre attività emesse dallo Stato italiano: i titoli di Stato. Il meccanismo però è molto simile. Nel 1992 si vendevano lire acquistando marchi per lucrare la differenza di cambio che si sarebbe manifestata dopo l’inevitabile riallineamento. Nel 2012 si vendono titoli italiani per motivi analoghi: la pressione, in questo caso, non è sul mercato valutario (che non c’è più), ma sul mercato finanziario: sale lo spread e crollano le quotazioni azionarie delle aziende italiane, il che consente di acquisirle a buon mercato (come abbiamo spiegato qui). Dato che il rendimento di una buona azienda è superiore a quello di un titolo di Stato, si capisce dove sia la convenienza. Ma questa è solo una delle possibili strategie. L’attacco al ribasso sui titoli italiani mette in evidente difficoltà il paese (ve ne sarete accorti!), e quindi concorre (come nel caso del 1992) a rendere probabile una uscita (nel 1992 dagli accordi di cambio, e oggi dall’euro) con successiva svalutazione. E in questo caso a chi ha venduto i titoli italiani andrebbe ancora meglio: se ha investito gli euro ricavati in attività finanziarie emesse da paesi del Nord potrebbe lucrare la differenza di cambio, esattamente come nel 1992. Le due strategie (attacco finalizzato a una svendita del patrimonio italiano, attacco finalizzato a indurre una uscita/svalutazione) non sono particolarmente incompatibili. In fondo, pensateci: se un’azienda tedesca acquisisce il controllo di un’azienda italiana (a buon mercato perché le quotazioni sono cadute, o anche semplicemente perché la situazione di crisi la rende momentaneamente poco profittevole, e in assenza di difese da parte dello Stato la proprietà italiana preferisce svendere), e poi l’Italia esce e svaluta, il proprietario tedesco (o francese, o olandese, o...) ovviamente beneficia del rilancio della domanda estera e quindi interna che la svalutazione determina.

Attacco, poi... Ognuno fa il suo lavoro. Non ci sono "speculatoricattivi". Ci sono però governi che non sempre, magari in ottima fede, fanno gli interessi del proprio paese...

E non vi sfugga l'altra, inquietante, analogia: come nel 1992, così nel 2012 il governatore interviene “a difesa”. Nel 1992 quello della Banca d’Italia, e oggi quello della Bce. Difesa di chi, di cosa? Nel 1992 era la difesa della stabilità del cambio, che in realtà difendeva gli interessi dei soliti noti, quelli che, sapendo benissimo che tanto si sarebbe svalutato, volevano garantirsi il diritto di acquistare marchi a “prezzo politico” anziché al prezzo di mercato ancora per un po’. Nel 2012 è la difesa dell’euro, che in realtà è (nell’immediato) difesa degli interessi dei soliti noti, quelli che avendo contratto crediti con i paesi della periferia, cercano di rientrare facendosi pagare in valuta “buona”, prima che l’inevitabile uscita con connessa svalutazione determini un haircut del loro credito. Non vi sto poi a dire chi abbia, nel medio/lungo periodo, tratto vantaggi dall’euro. Basta vedere come l’ha presa Juncker, o quello che dice Giacché. Ma queste sono per lo più considerazioni di medio periodo, e ora siamo nel breve.

Che senso ha chiedere ora alla sinistra di farsi promotrice di controlli sui movimenti di capitale? Ovviamente questi controlli saranno parte della soluzione, ed ovviamente a monte di essi vi sarà, come vi fu in Argentina, come vi è sempre stata in congiunture analoghe, una decisione politica, senza la quale l’economista, come ci spiegava Roberto Frenkel, non può dir nulla e non ha nulla da dire. Ma una vera sinistra, diciamocelo, sarebbe dovuta intervenire prima, prima che i capitali li mettessero al sicuro i soliti noti. Ora che i capitali possono metterli al sicuro solo i poveracci, ai quali peraltro per lo più non conviene farlo, perché hanno ben poco da perdere (come spiega Claudio Borghi), il corralito (il “recintino” che impedisca ai capitali di uscire) non ha ovviamente più alcun significato macroeconomico. Ne conserva però uno politico: quello di segnalare che si vuole uscire. Se è questo che la sinistra vuole. Ma ho i miei dubbi.

Una differenza e un quod erat demonstrandum

La differenza principale è una: nel 1992 esisteva un preciso limite “fisico” oltre il quale questo gioco non poteva andare: la disponibilità di riserve ufficiali da parte della Banca centrale. L’uscita (dagli accordi di cambio) diventava necessaria nel momento in cui gli accordi non potevano più essere difesi perché la Banca centrale non aveva più valuta pregiata da svendere agli speculatori.

Oggi il limite è meno preciso. Non c’è uno stock che si sta esaurendo, se non quello della nostra pazienza. Sicuramente, ora come allora, i soliti noti si stanno attrezzando, e quando si saranno attrezzati daranno il via libera.

Vi ricordate quando a novembre vi mettevo in guardia contro la bolla dei Bund? Bene: ora pare lo faccia anche l’Economist. Perché l’Economist lo fa ora e perché io lo facevo a novembre? Ma per lo stesso motivo: perché negli ambienti della City (che io non frequento, ma alcuni miei studenti più bravi di me sì) era assolutamente chiaro che le quotazioni del Bund erano sopravvalutate. Rosner, a differenza di me, aveva probabilmente anche tanti amici da far “rientrare” prima di poter dire la verità: verità che viene detta ora che i furbi si sono messi al sicuro, vendendo i Bund ai fessi. E la verità qual è? La solita: la Germania ha costruito la propria prosperità a spese dei paesi che ora sta strozzando (il famoso “segare il ramo” dell’articolo su Aristide pubblicato un anno fa e che Juncker oggi rimprovera ai tedeschi), e quindi, una volta strozzati questi paesi, sarà in gravi difficoltà. Del resto, le cose vanno male in ogni caso: se la Germania socializza le perdite, il suo debito pubblico crescerà perché direttamente o indirettamente dovrà accollarsi una parte dei debiti altrui. Altrimenti sega il ramo e precipita. Non c’è male come risultato.

Conclusione

La Bcesimileallafed non può essere una soluzione duratura per i problemi dell’EZ perché di fatto opererebbe nel senso di quella mutualizzazione delle perdite che la Germania strenuamente non vuole. La cosiddetta svolta di Draghi ha l’unico scopo di rinviare l’inevitabile epilogo della vicenda, permettendo ai paesi forti di fare ancora per un po’ i propri interessi (dettando condizioni ed esportando il proprio modello sociale altrove), e indebolendo ancora un po’ i paesi meno forti, che quindi saranno tanto più massacrati quando i nodi verranno al pettine. La malafede, del resto, è evidente! Abbiamo costruito tutta l’Europa sul principio che le banche centrali dovessero divorziare dal Tesoro: questa veniva propugnata come soluzione. E ora, dopo che abbiamo distrutto le nostre economie in omaggio a questo astratto principio, cosa ci viene offerta come soluzione? Quella di far fare alla Bce, in modo non del tutto trasparente, quello che le banche nazionali non possono fare!

A conti fatti, tutta questa storia non è che l’applicazione di un semplice ma ineludibile principio economico: non ci sono pasti gratis (no free lunch). La Germania ha sfruttato l’Eurozona come se questo pasto fosse gratis, ma ora si accorge che un conto da pagare c’è sempre, ed è più salato per chi fa il furbastro. Inutile cianciare ora di riforme da fare, di compiti a casa, e altre scemenze. La malafede, anche qui, è evidente. Se lo scopo dell’euro fosse stato quello di competere insieme contro la terribile Cina, allora le riforme di sarebbero dovute disegnare insieme, insieme si sarebbe dovuto progettare il modello sociale di sviluppo da opporre a quello delle economie emergenti. Invece no: la Germania ha fatto dumping sociale, violando le regole europee per finanziare la sua riforma di precarizzazione e abbattimento del costo del lavoro, e ora paga, paga come chiunque fa dumping per aggredire le economie circostanti. Paga in modo diverso, ma per un motivo analogo a quello per il quale ha pagato l’Irlanda, che facendo dumping fiscale per attirare capitali esteri è finita schiacciata dal peso degli interessi da corrispondere all’estero. L’elemento comune qual è? Quello di non aver voluto ricercare un coordinamento e un’uniformità europea, quello di non aver voluto collaborare col prossimo, ma fotterlo. L’Irlanda non lo ha cercato in campo fiscale, la Germania non lo ha cercato sul mercato del lavoro, come le rimproverano anche le Nazioni Unite (vedetevi il box  4 del Global EmploymentTrends): entrambe lo hanno fatto per volgere la situazione a proprio vantaggio, entrambe hanno attratto l’ammirazione dei gonzi e dei traditori, ed entrambe pagheranno.

Dio non paga ogni sabato e nemmeno i mercati. E dato che nel pagamento siamo coinvolti anche noi, l’unica cosa razionale da fare sarebbe uscire ora, per difendere noi stessi. La svolta di Draghi va in direzione opposta, il che non vuol dire che non obbedisca anch’essa a una razionalità. Solo che si tratta, come nel 1992, della razionalità dei soliti noti. Così è, se vi pare...

sabato 28 luglio 2012

L'idra del luogocomunismo

Bollettino di Guerra n. 1
Alle ore 17:15 del 26 luglio 2012, dopo un'intensa attività di ricognizione, S.A.R. Gufo, Duca degli Abruzzi, ha sferrato un attacco al quartier generale delle orde luogocomuniste schierando i 4661 caratteri della divisione Spettro. L'operazione, svolta e preparata nel più assoluto segreto, mirava a scuotere le certezze dell'avversario e verificare le capacità di reazione e mobilitazione delle nostre unità sul territorio. Immediata opera di supporto veniva prestata dalla corazzata WeiningerSdA, che alle ore 17:21 lanciava dalle acque territoriali luogo comuniste la prima di tante esilaranti e lapidarie bordate, non deflettendo sotto il fuoco di interdizione di castaspesapubblicacoruzzionebruttoergomenostatochiudiamogliospedaliesoprattuttoleuniversitàdovecisonoquellichecifannounculocomeuncappellodaprete . Alle ore 17:29 l'unità di intelligence Tarheel rompeva il segreto mobilitando le colonne celeri e l'aviazione. La sterile resistenza del maresciallo Di Danno veniva travolta da una raffica di sberleffi, degno contrappunto di una raffica di cazzate. Nonostante la smodata opera di intelligence dei moderatori, la situazione volgeva rapidamente a vantaggio delle forze alleate del buon senso e della conoscenza dei fatti, che causavano al nemico gravissime perdite, riportando a casa più di 450 commenti (post più commentato del giorno... e non solo).
Segue la motivazione delle medaglie al valore...



Perché?


Siete stati bravissimi. Qualcuno magari ci sarà rimasto male per il fatto che questa scelta non è stata annunciata, discussa, condivisa. In effetti, penserete, siamo una piccola famiglia, e in famiglia si discute. Io nella mia discuto poco: obbedisco a rockapasso e comando a Uga e ar Palla. Arrogante coi deboli, strisciante coi forti, è il mio motto e ve l'ho dimostrato più volte (anche sul FQ, prendendomela con Solone e Licurgo proprio nel giorno in cui i concorsi sono andati in Gazzetta Ufficiale: Maramaldo, tu uccidi due colleghi morti, sbriciolati dalla SStoria e presto anche dall'opinione pubblica, che chiederà loro: "cari, cos'è quella storia che non sarebbe stato un altro 1929? Perché nella primavera del 2009 rilasciavate interviste dicendo che il peggio era dietro le spalle?"... Eh, a voi v'ha rovinato Internet... Nil inultum remanebit). Ora, con tutto il rispetto, voi, cari lettori, non siete rockapasso, per vostra fortuna... cioè, voglio dire: non che sia una sfortuna essere rockapasso, ma è una sfiga avermi intorno... chiaro, no? (Ho schivato il mattarello...).

Bene.

Quindi io faccio come me pare.

L'ampio dibattito sul senso e il non senso dell'operazione ha assunto mille divertenti sfumature.

Ci sono quelli che fra il serio e il faceto rimpiangono di non essere più "di nicchia". Ci sono quelli che mi mettono in guardia (che teneri...) contro il pericolo di essere manipolato (loro magari hano letto solo Zagor, io magari ho letto anche Balzac - a puntate sulla Settimana Enigmistica - e quindi, come dire, della borghesia e del suo rapporto con l'informazione un'idea me la sono fatta. E poi, un cavallo di Troia può essere, se non zoologicamente, almeno metaforicamente, un figlio di troja... e modestamente lo nacqui - co' tutto er rispetto pe' mmi madre). Ci sono quelli che si sentono già orfani (ma se foste er Palla sapreste comunque vedere il bicchiere mezzo pieno). Ci sono quelli che vabeneperòdevidirequestoequest'altro (ma vedi d'anna' ffa ecc.! Apri tu un blog sul FQ e di un po' tu quello che ti pare, caro...). Ci sono quelli che d'accordoperòdevifareanchequestoequestaltroperchéadessolenostreprioritàsono (nostre?). Ci sono quelli che sìperòadessodevichiederequestoequestaltro (chiedere? Chi? Io!? Io chiedere? Ahhh, ma allora non avete proprio capito! Che c'ho la faccia da sindacalista io? Che c'ho la faccia di uno che per trenta denari chiede e poi se la piglia nel di dietro? Io non chiedo, cari. O mi offrono, o prendo, o sto a casa mia. E spero altrettanto di voi). E via dicendo. Però io capisco tutti e voglio bene a tutti: ve ne volevo molto prima, ve ne voglio moltissimo dopo, e quindi dopo averlo fatto vi spiego un paio di cosette.

Rapidamente.

Perché non ho detto niente a nessuno? Perché sono un artista barocco (quindi il mio scopo è stupire il pubblico), perché lavoro con un violoncellista partenopeo che mi ha attaccato il virus della scaramanzia, e soprattutto perché volevo vedere quanto ci mettevate a reagire. E siete stati fantastici.

Perché lo sto facendo? I motivi dovrebbero essere evidenti. Vogliamo restare qui, nel recinto del nostro onanismo bloggaro (come lo ha definito mi' cuggino), a dirci le nostre quattro verità aspettando che una montagna (di merda) venga da Maometto? Non credo. Dice: ma tu ormai sei conosciuto, devi coltivare il mito della tua inaccessibilità come Mina... Be', ragazzi, lo so che mi volete bene, ma siete un po' obnubilati! Mina era su un altro standard. Molto più alto del mio, se non ve ne foste accorti. E prima di diventare inaccessibile ha comunque mangiato più panini di me (che sono nello showbusiness della divulgazione da meno di un anno) e si è fatta opportunamente vedere. Quindi inaccessibilità una sega, chiaro?

Ma poi, scusate: noi che abbiamo la fortuna di essere portatori di idee vecchie in un paese nel quale le idee nuove sono incarnate da personaggi come questo (sapientemente ritratto dal nostro Torny), vogliamo tenercele per noi queste idee? O vogliamo che tutte le persone che intuiscono confusamente di non essere causa ma vittime della crisi ne acquisiscano la consapevolezza piena e documentata, quella che, sola, può permettere al loro dissenso di trasformarsi in azione politica? E allora queste persone dobbiamo andarle a cercare.

Non dobbiamo cercare la "mediazione" con i loro rappresentanti politici marci e decotti, illudendoci che riescano a gestire il dopo meglio di come hanno gestito il prima, sproloquiando di piattaforme e di appelli in sindacalese dove la parola euro compare solo affiancata al termine "zona" o "area", e con i quali Angela Merkel compie l'operazione rabelaisiana che sapete. Dice: "Eh, Bagnai, ma tu sei arrivato tardi, mica l'hai firmato il magno appello!". Certo. E sai perché? Primo, per evitare che la Merkel si pulisse il culo con la mia firma come se l'è pulito con la vostra. Secondo, perché mai avrei dovuto firmare il 14 giugno questo capolavoro di cerchiobottismo nel quale l'euro non viene mai nominato come problema ma solo come entità geografica (capisco, bisogna mediare, non bisogna urtare le sensiBBilità...), quando il 23 febbraio avevo scritto questo (divulgando l'idea che gli squilibri esterni sono la causa dei problemi dell'eurozona) e il 12 maggio avevo scritto questo (denunciando esplicitamente la non sostenibilità dell'euro, spiegandone i motivi in un modo piano e comprensibile ai più, fottendomene alla grande della sensiBBilità dei politicanti, e ponendo questa domanda: "La teoria delle zone monetarie ottimali implica che l’euro è stato una vittoria politica di chi desiderava che in Europa gli aggiustamenti macroeconomici si scaricassero integralmente sul mercato del lavoro (traducendosi in “lacrime e sangue”). Vi sembra una vittoria della sinistra? Un’analisi seria delle vie di uscita parte anche dalla risposta a questa domanda."). Questo due anni or sono.

Il gioco del "l'ho detto prima io" non mi interessa, lo capite o no? Non mi interessa perché io so, e grazie a me ormai tutti sanno, quello che i politicanti coi quali qualcuno vuole mediare hanno tenuto opportunamente nascosto: cioè che l'hanno detto prima loro. Quindi non giocate questo gioco con me, perché avete perso in partenza. E io mi annoio se non c'è partita.

Mediare...

Non dobbiamo cercare la "mediazione" coi mediatori (o mezzani che dir si voglia) che in trent'anni e trenta denari di onorata carriera sono stati in grado solo di far sfilare ai lavoratori le proprie conquiste e i propri diritti uno ad uno, salvo versare lacrimucce di coccodrilluccio del tutto simili e complementari a quelle della coccodrillona, o magari dare la colpa alla Cina (un argomento per tutte le stagioni adatto a uomini per tutte le stagioni). Questo non ci porterebbe da nessuna parte perché questa mediazione è sul nulla (che altro possono chiederci in cambio? Non ci hanno già preso tutto?) e con nessuno (sono politicamente morti e non se ne rendono conto).

Dice: "ma così sei populista!". Certo, certo... Ne abbiamo già parlato degli intellettuali di sinistra per i quali la democrazia consiste nel fatto che il popolo faccia ciò che loro hanno deciso. Certo, per questi intellettuali fornire informazioni al "popolo" (che poi sareste voi) può rappresentare una pericolosa deriva populista. Attenti a chi usa questo aggettivo oggi...

Oh, poi se mi sbaglio me lo direte. Ma il punto è che se pure la mediazione fosse la cosa giusta, a me non interessa. Siamo alla fine di un mondo, e nell'Apocalisse è scritto:



Haec dicit Amen, testis fidelis et verus, principium creaturae Dei:
Scio opera tua, quia neque frigidus es neque calidus. Utinam frigidus esses aut calidus!
Sic quia tepidus es et nec calidus nec frigidus, incipiam te evomere ex ore meo.

Ne abbiamo parlato. Può darsi che nostro Signore si sbagli ed è pressoché certo che mi sto sbagliando io (lo rivendico con orgoglio). Ma se non ci sbagliamo questi tiepidi verranno vomitati dalla bocca dell'elettorato.  Volete sbagliare con me, o avere ragione con cerchiobottisti e bandwagoner assortiti?

E allora, nella remota ipotesi che io non abbia tutto il torto, la cosa da fare ora, e rapidamente, non è mediare con i rappresentanti politici (morti) dei tanti piddini, ma andare a provocare i tanti piddini a casa loro. Combattere casa per casa, fra i denti il pugnale della dialettica, in mano le granate dei dati. Sgretolare le loro certezze. Evitare che della verità si approprino le destre di vario colore. Contrastare i vari uomini della provvidenza e le varie teorie della provvidenza. Diffondere il buon senso e la ragionevolezza. Con fermezza, provocatoriamente, perché queste sono le regole non scritte ma facilmente leggibili della comunicazione, accordando però agli interlocutori che se lo meritano il rispetto e il beneficio del dubbio.

E per fare questo, come molti hanno intuito, è opportuno muoversi da qui, ed è necessario prendere dei rischi.

Mi facevano sorridere di tenerezza quelli che dicevano "eh, ma hai visto i commenti, avevo ragione io!".

Ragione cosa? Anzi, come direbbe er Bufalo: raggione de che?

Che ce ne frega se quattro imbecilli fanno commenti da imbecilli ragliando al mondo la propria imbecillità? Averne di avversari così idioti! Non capite che fanno risaltare il fulgore della vostra intelligenza e della vostra fattuale e costruttiva dialettica? Aaahhh, perché voi pensavate che io mi sarei abbassato a rispondere... Ma allora non avete proprio capito niente, scusate! (e a qualcuno l'ho anche detto in faccia, prendendomi i rimbrotti di ro: "ma devi trattarlo bene, è tanto una cara persona..."). Non avete capito niente di me (Palamède de Guermantes), ma soprattutto non avete capito niente di voi. Siete tanti. Siete intelligenti. Siete la parte migliore del paese. Non c'è bisogno che venga papà Goofy a difendervi. Dopo mesi di backtracking della mia attività sapevo precisamente che avreste avuto, come avete avuto, gli argomenti per difendervi, come avete fatto. Quello che resta sul campo di battaglia è una provocazione più o meno intelligente, difesa in modo arguto, appassionato e documentato da una miriade di persone che si sono presi centinaia di "like", e un discreto afflusso di pubblico sul nostro sito, questo, nonostante ieri, come ho appreso poco fa dalla radio, siano iniziate le Olimpiadi, e l'italiano medio, fradicio di pornografia sportiva, avrà dedicato la propria attenzione alla cerimonia.

Quante persone hanno detto di essere arrivate qui da piattaforme come il FQ? Bene: forse questa provocazione (e le successive) ne porteranno altre. Quante persone hanno lamentato, in passato, di essere state censurate per avermi citato? Bene: ora queste persone sono vendicate: mi cito da solo. Nil inultum remanebit.

Mi usano come foglia di fico? Va bene, accetto il rischio. Certo, lo so: alle 23:59 del sette settembre c'è la corsa per salire sul carro della verità, onde poter dimostrare alle 00:01 del nove settembre quanto si sia stati di larghe vedute prima dell'otto settembre. Chiaro. Chissà, magari non sono una foglia di fico ma una foglia di ortica per le loro striminzite pudenda. E essere foglia di fico (o fico e basta) fa parte della vera mediazione: quella con le coscienze dei nostri concittadini, non quella con i cadaveri putrefatti della loro nomenklatura. Una mediazione che non devo fare solo io e nella quale so che voi mi affiancate, perché avete sempre avuto la coscienza civile per farlo, e oggi avete anche qualche strumento in più. Un semplice "grazie" sarà sufficiente... E una mediazione per la quale, che ci crediate o meno, FQ offre uno spazio più aperto e leale dei cerchiobottisti dello Sbilifesto, ai quali lasciamo suonare il valzer del più Europa sul ponte del Titanic Europa (grande Vladimiro). Tanto quelli non li legge nessuno. Mentre FQ, con buona pace di certi miei lettori dal canino aguzzo, un pubblico ce l'ha, ed è almeno in parte il nostro pubblico: quello delle persone che vogliono cambiare. Certo: molte sono incapsulate in un messaggio demagogico, quello della raffica di cazzate alla Di Danno: castaspesapubblicacoruzzionebruttoergomenostatochiudiamogliospedalilicenziamoidipendentipubblici. E allora? Dobbiamo rinunciare a parlare con queste persone? E per quale motivo? Perché me lo chiedete voi? Ma mi state chiedendo questo?

Soddisfazioni


E poi, sentite: forse non possiamo far niente per evitare la catastrofe, ma due cose possiamo sempre farle: essere noi stessi, e divertirci. E io mi sto molto divertendo, nel leggere i vostri commenti arguti e penetranti, coi quali mettete in ridicolo le tesi luogocomuniste. E sto avendo anche grandi soddisfazioni.

Intanto, se scorrete la lista dei blogger del FQ, vedrete che sono incastonato fra due personaggi e me cari: lavoce.info e Natalino Balasso. Autori che ci hanno regalato delle autentiche perle di comicità, nel primo caso assolutamente involontarie e prontamente segnalatemi da voi. Ma insomma, per un guitto come me è una soddisfazione essere in simile compagnia...

Oh, colleghi, va da sé che qui si scherza, eh? Massimo rispetto. E poi non sapete quanto vi devo. Senza questa vostra cortese e assolutamente legittima lettera:

Il 09/11/2011 18:17, info@lavoce.info ha scritto:
Gentile Professore,
la ringraziamo dell’articolo che ci ha inviato. I contributi che riceviamo sono numerosissimi e negli ultimi tempi la “lista d’attesa” per la pubblicazione si è allungata notevolmente. Ci troviamo perciò nella situazione di effettuare una selezione sempre più severa e di non poter garantire la pubblicazione di tutti i pezzi. Pertanto in questa occasione non pubblicheremo il suo intervento.
Siamo comunque sempre disponibili a ricevere e valutare nuovi contributi e, nel ringraziarla dell’attenzione che lei dedica a lavoce.info, le inviamo i nostri cordiali saluti.
La redazione de lavoce.info
mai e poi mai avrei pensato di aprire un blog, per pubblicare il contributo che vi era sembrato superfluo. Vi ringrazio per lo stimolo e soprattutto vi ringraziano quei miei lettori i quali, chissà perché, hanno la sensazione che se questo blog non fosse stato aperto certe cose non le avrebbero mai capite. Ma è certamente una calunnia nei confronti dei tanti siti che fanno informazione economica indipendente (dai lettori). Vedi com'è piccolo il mondo? Ci siamo separati a novembre e ci ritroviamo a luglio, ma su un piede diverso...

E poi, cari lettori, voi conoscete elio3c? E chi è, chiederete... Non lo so tanto bene. So che all'inizio, quando facevo un backtracking più accurato degli accessi, ne vedevo arrivare dal suo blog, e a un certo punto mi son deciso a cliccare sull'indirizzo. Ero in Francia. Gli occhi frantumati dai dati sul commercio bilaterale del Vietnam, le orecchie frastornate dal vociare della canea piddina... Un semplice clic, e mi sono trovato in un altro mondo, un mondo di segni e di silenzi eloquenti. Ricordo che il post di quel giorno riportava la foto di un'aquila. Un punto nel cielo. La libertà. E io ero incapsulato nelle matrici di Comtrade...

Rimaneva un mistero il perché un artista mi seguisse. Ma poi, andando a leggere, ho intuito i motivi di una ricerca e di una riflessione. E in uno degli ultimi post ho trovato Patmos:








Ecce draco rufus magnus, habens capita septem et cornua decem, et super capita sua septem diademata; et cauda eius trahit tertiam partem stellarum caeli et misit eas in terram. Et draco stetit ante mulierem, quae erat paritura, ut, cum peperisset, filium eius devoraret.

L'idra del luogocomunismo. Taglieremo le sue sette teste una ad una (ne rimangono sei, in effetti).

Elio mi ha dedicato questa sua opera. E forse, insieme a quella di avervi conosciuto, la soddisfazione più grande che la mia attività di divulgazione mi ha procurato è questa.

giovedì 26 luglio 2012

E adesso facciamo i conti...

Scusate se ve l'ho tenuto nascosto: sapete com'è, noi musicisti siamo molto scaramantici.

I miei colleghi (ad esempio quelli di Oltre l'austerità) continuano a manifestare una spiccata preferenza per il quotidiano "comunista". Come sapete io non la condivido, per motivi che vi ho spiegato (e che potete a vostra volta non condividere). Ho quindi preferito un quotidiano talora lievemente "luogocomunista", dove però mi fanno criticare questa perniciosa ideologia. Sempre meglio che partecipare a un dibattito dove si fa finta di criticare l'euro, no?

Dice: "Ma così fai la foglia di fico!". Dico: "Intanto cerco di essere fico, poi il Signore provvederà. L'importante è avere un piano B (come Bagnai), e io ce l'ho... ma ovviamente non ve lo dico...".

E poi, ragazzi, volete mettere i commenti! Dopo sette mesi passati in mezzo a persone di senno, affrontare il campione teratologico dei commentatori liberisti alle vongole non ha prezzo! Li lascio godere a voi, io ho altro da fare, e comunque ricordate: dal letame può nascere un fiore (di zucca).

Dedico il post di apertura a varie categorie di persone dalla limitata capacità di comprensione: quelli che "ma tu sei troppo prolisso", quelli che "ma tu non sei abbastanza coraggioso", e, naturalmente, quelli che "abbiamovissutoaldisopradeinostrimezzi".




P.s.: mi hanno detto che in Italia c'è un solo economista che si è pronunciato in modo credibile e non populista a favore dell'uscita dall'euro... Ma perché non avranno chiamato lui? Dai, si scherza, state bboni, nun me lo massacrate, sapete che a me lo stadio non piace...

PP.ss.: ve la state cavando egregiamente, vado a cena tranquillo. Poveri luogocomunisti... Lasciatene qualcuno anche per me, che me lo magno pe' dessert...

Mi ha scritto Claudio Borghi...

(paulo maiora canamus, giusto, Silviuccia?)


Gentile professore, mi sono permesso di segnalarla a "la7" perchè se nei programmi di quell'emittente vedono solo me, poi pensano che ci sia solo io a pensare queste cose strampalate sull'Euro...
Uno solo è un matto, due ingenerano dubbi.Sono sicuro che a "omnibus" apprezzeranno la sua competenza anche se il piddino fra gli ospiti non manca mai.
Con stima
Claudio Borghi Aquilini


Pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste; verumtamen non sicut ego volo, sed sicut tu (Mat. XXVI, 39)




Caro Claudio,

diamoci del tu, siamo nella stessa trincea, ufficiali di un esercito un po' composito, ma valoroso.
Quando si dicono le combinazioni! Proprio oggi, mentre ero invischiato in compiti più o meno futili, mi telefona Ecodellarete (santo subito dopo): "Alberto, a Radio24 c'è Claudio Borghi da Barisoni, quello che ti ha intervistato, che dice le stesse cose che dici tu!". Risposta: "Meno male! Vuol dire che hanno deciso di cominciare a chiamare persone per bene. Borghi ha dato una bellissima intervista all'altro Claudio (Messora) per spiegare un percorso di uscita, meglio di come lo abbiamo fatto noi."
Grazie per avermi segnalato. Secondo me a "la7" non vogliono ingenerare dubbi, ma qualora lo volessero, scenderò dalle montagne per la causa.

Teniamoci in contatto.

Con altrettanta stima (più il 20%, naturalmente),

Alberto

P.s.: ti pubblico qui perché mi avevi inviato il tuo messaggio come commento al post precedente, ma avevamo ecceduto il limite dei commenti, e anche perché, per tanti motivi che non sto a spiegarti, anche in questa sede, purtroppo, è sempre necessario evidenziare il fatto che in Italia non c'è una sola persona che sta parlando dell'uscita dall'euro in termini fattuali e concreti.



(Il testo della sua intervista lo trovate qui, e se non lo conoscete ancora vi consiglio di studiarlo. Ei dice cose, altri dicon parole... C'è collega e collega, eh, Silviuccia?...)

martedì 24 luglio 2012

Quod erat demonstrandum 13: Gretchen vs. er Bufalo

(piatto ricco mi ci ficco)

Buongiorno sono il fesso (o quello che è).

Ieri le prospettavo due opzioni (1. la Germania sega il ramo su cui sta seduta; 2. la Germania tira la corda, ma alla fine non fa saltare tutto perchè valuta che in fondo le conviene pagare qualcosa pur di tenersi l'EZ). Entrambi gli scenari contemplano che il rating tedesco si deteriori progressivamente - del resto, dati i suoi attuali rendimenti negativi, esso non può che peggiorare. Non mi sembra quindi che la notizia di oggi indichi che la Germania ha imboccato l'opzione 1 e non l'opzione 2.
Peraltro, se all'abbassamento del rating dovesse seguire un aumento dei tassi dei bund tedeschi, lo spread di quelli italiani scenderebbe e la crisi si allontanerebbe, no? Quindi paradossalmente lo scenario 2 sembrerebbe essere ancora aperto....

Grazie mille per la Sua attenzione,

Michele (del tutto ignaro di pugilistica)

Dai Michele, ho provato a stanarti, e ci sono riuscito (anche con Emiliano, del resto): hai capito che era un appellativo affettuoso, ora se ne parla...


Giornata fosca, campagna.
Oggi a Roma è una giornata fosca. Mi son svegliato alle cinque e mezza (un po' più tardi di Nechljudov), ho scritto una cosa che non vi faccio leggere (sufficit diei malitiae suae) e sono andato a correre un'oretta e un po' in campagna. Giornata fosca, campagna. E come si fa a non pensarci?

Trüber Tag. Feld.


FAUST:
Im Elend! Verzweifelnd! Erbärmlich auf der Erde lange verirrt und nun gefangen! Als Missetäterin im Kerker zu entsetzlichen Qualen eingesperrt, das holde unselige Geschöpf! Bis dahin! dahin!- Verräterischer, nichtswürdiger Geist, und das hast du mir verheimlicht! - Steh nur, steh! wälze die teuflischen Augen ingrimmend im Kopf herum! Steh und trutze mir durch deine unerträgliche Gegenwart! Gefangen! Im unwiederbringlichen Elend! Bösen Geistern übergeben und der richtenden gefühllosen Menschheit! Und mich wiegst du indes in abgeschmackten Zerstreuungen, verbirgst mir ihren wachsenden Jammer und lässest sie hilflos verderben!

MEPHISTOPHELES:
Sie ist die erste nicht.

Piatto. Asciutto. Pragmatico.

Certo che il male perderà anche la guerra, ma come vince le battaglie lui...

E Faust, non c'è niente da fare, è proprio il prototipo del piddino: ha studiato tanto, ma non capisce un'acca, e come il poco noto re Adim trasforma in merda tutto quello che tocca. Così, al protopiddino che si incarta nelle mille erre del rimorso e del disprezzo (Verräterischer, nichtswürdiger, unerträglich: converrete con me che è una bella lingua...), il mercato oppone un semplice concetto: chi je tocca nun se 'ngrugna... Sie ist die erste nicht!

Che poi non è che sia un concetto nuovissimo...

Ma di chi stiamo parlando? Be', loro, lo sapete, parlano di Gretchen. E noi? E ddaje, su, vi devo proprio imboccare col cucchiaino? Ma parliamo di lei, della pletorica reggente di Lamagna (duecentoetrentuna... ma non sono le misure... è il catalogo di Leporello)!


Eh sì, perché c'è quel famoso problema del peccato e della vergogna, sapete... Ma lì si cambia scena, si va in cattedrale:



CHOR:
Judex ergo cum sedebit,
Quidquid latet adparebit,
Nil inultum remanebit.
GRETCHEN:
Mir wird so eng!
Die Mauernpfeiler
Befangen mich!
Das Gewölbe
Drängt mich!- Luft!
BÖSER GEIST:
Verbirg dich! Sünd und Schande
Bleibt nicht verborgen.
Luft? Licht?
Weh dir!

Vedi? Nil inultum remanebit. O non se ne parlava proprio qualche giorno fa?

Bene, tanto tuonò che piovve, e così, dopo che l'avevo detto ad agosto scorso, ridetto a novembre, e ci avevo scommesso 100 euro a maggio, ecco che, puntuale, si profila all'orizzonte il downgrade della Germania. Weh dir, Angelona! I mercati lo sanno che tu stai segando il fatidico ramo. Così, dopo la corsa, me ne son tornato a casa e, per sostenere l'economia alamanna, ho importato un po' di musica tedesca. Considerando che oggi tanta gente sta vedendo le stelle, m'è venuto da suonare la suite Urania di Fischer (J.C.F), sapete, quella che inizia così:



(bbona 'a prima, tanto, come diceva quel fiumarolo: "beato te che nun capisci 'n cazzo...").


Purificato da questo salutare lavacro di dissonanze (seconde, settime, none... quarte? No, la quarta no, perché è vero che nel contrappunto osservato... però... se ci pensi... è il rivolto della quinta... Vabbe', questo ve lo spiego quando sapete il modello IS/LM) mi accingo a raccontarvi la vera storia della bocciatura tedesca.


Gretchen vs. er Bufalo
Avete presente er Bufalo? Sì, quello di Romanzo criminale? Questo qui. Voi non lo sapete, ma Moody's ha mandato lui. La scena potrebbe urtare qualche sensibilità,ma qui lavoriamo pro veritate: come dice Stendhal, un blog è uno specchio trascinato lungo una strada: non è colpa sua se riflette il fango.

Insomma, er Bufalo gl'ariva a Bberlino.. Toc, toc...

"Chi è?"

"So' er Bufalo!"

"Herein!"

"Bella Anghela...
Senti, Anghela, ma come to' 'o devo da di'? Allora nun hai proprio capito un cazzo!?  Ho capito che te sta ancora a rode er culo che Gessouens t'ha vinto 'Olimpiadi der trentasei... Ma tu, all'amichetto nostro, ar nero per caso (N.d.r.: non è colpa mia se il Bufalo parla così), a quello che quer tipo, come se chiama, quer Bagnai chiama 'er regazzo immaggine der complesso militare-industriale' (ma ndo' 'e trova 'ste parole quesso...), 'nzomma, tu a Baracche nun je devi da rompe er cazzo, capito?
(Altra N.d.r.: sì, er Bufalo segue Goofynomics...  E mica solo lui...)
Aspetta, mo to 'o spiego mejo...
Te voi annette 'sto cazzo de continente? Nun c'è probblema, fai come te pare. Figurete si nnoi se preoccupamo pe' 'n po' de 'mperialismo... Sai quanti se ne semo fatti noi? Rossi, neri, gialli, davanti, de dietro, de sopra, de sotto... Nun semo santi manco noi. Però, ar primo campanello d'allarme, zac... tajo netto... e lo sai perché? Perché 'a finanza è sacra!
Vedi, io ce lo so che 'sta cosa voi cazzo de tedeschi proprio nu' ja 'a fate a capilla... Si ttu tiri troppo 'a corda, qui sarta tutto. E nnoi c'avemo 'e 'lezzioni? Che d'è, nun te ricordi che sso'? A cojona, guarda che cce l'hai puro te! Aahhh, allora 'nnamo bbene! Te devo proprio da 'nzegna' tutto... 'A potenza imperialissica 'e 'lezzioni 'e 'mpedisce a casa dell'artri, no a casa sua. A casa sua 'e fa. Glie tocca. Sinnò, scusa, poi come cazzo famo a parla' de li diritti umani da 'a Cina? To 'o ricordi mo? Ecco...
Allora sai che nnova c'è? Che si ttu continui co' 'sti "Nein", qui zompa tutto, c'avemo er dabeldippe (N.d.r.: double dip) e l'amichetto nostro, quello che sse 'ncazza tanto (pe' ffinta) quanno 'a ggente capisce che avemo ricominciato a ffa' esattamente come prima, be', l'amichetto nostro c'o 'o metti 'n crisi... Allora, famo 'na cosa: tu t'a 'a pianti de rompe er cazzo pe' n'antro paio de mesi, diciamo fino a novembre, ce fai rielegge 'amico nossro, e poi fai 'n po' come te pare. Ma stai 'n campana, Anghela... Io t'ho sempre voluto bene e c'o 'o sai: ma si ce fai 'n casino 'sta vorta, a 'e 'lezzioni tue c'arivi co' li piedi davanti...
Perché vedi, te vojo spiega' 'na cosa, Anghelona. Nun so si tte l'hanno detto 'e 'conomissi tua, ma 'e banche tue so' ppiene de mmerda. E 'o sai chi c'a ha messa quela merda dentro? Ah, nun c'o 'o sai? E mo to 'o dico: c'a avemo messa dentro noi: so li subpraim. Quanti ve ne sete presi! Certo che sete proprio cojoni... Vabbe'... Allora senti, Anghela, guardate 'n po' 'sto firmetto sull'aifon mio e dimme si 'o capisci... Chi 'o fa er defort, ner firmetto? 'O capisci? Aaaaanghela, sto 'a parla' co' tte! Er defort 'o fa er marchese, Anghela. Er marchese! E Aronne sa 'a pija nder culo. Allora, vedi de capi' 'sta cosa: tu sei creditrice loro, ma noi semo debbitori tua, e quindi te tenemo pe' 'e palle... Perché loro so' piccoli, e noi semo grossi. Chiaro, no?
Vabbe', mo famme anna', che ho visto che è uscito n'antro post su Gufinomicchese. Sai che nnova c'è? 'O dovresti legge pure te. Ce stanno tante belle poesie in tedesco che racconteno quello che succede a le m...tte come te."

Sie fällt in Ohnmacht.

Incredibile quanti concetti possa veicolare una singola vocale, la "A" (e per di più se la togli, o anche solo minacci di farlo). Forse hanno ragione quelli che dicono che dovrei scrivere di meno.

Un accorato appello
Se posso, sommessamente, capisco che non è il momento (avrà i nervi un po' scossi), ma sa, signora Merkel, vorrei associarmi anch'io alla cortese richiesta del mio affezionato lettore (er Bufalo): questi mi vogliono far scrivere un libro che si chiama "Dopo l'euro". Me lo tenga in vita ancora un po'. Sa, io sono egoista, narcisista, come tutti gli autori: delle inutili sofferenze di tutto un continente non me ne frega di base un bel niente. Ma se lei non si ravvede, il testo mi diventa obsoleto prima di uscire... La prego, non usi la sua stampante questa volta...


Un ragionamento (inutile?) per le merlettaie
E veniamo all'amico che fesso non è, ma un po' piddino sì.
Fatto salvo il nobile intento di esegesi del lavoro di Emiliano, col quale sicuramente parleremo anche di questo, io vorrei che tu mi spiegassi in cosa i due scenari che prospetti differiscono l'uno dall'altro. Intanto, tu stesso dici che sono observationally equivalent: in entrambi i casi osserveremmo quello che stiamo osservando, cioè che a fine anno la Germania con tre A è difficile che ci arrivi. Non ci arriva se sta buona (perché deve assorbire perdite), e non ci arriva nemmeno se fa casino (perché comunque non riesce a recuperare tutto). Poi, per carità, tutto po' esse...
Ma il punto è un altro.
Qui abbiamo il solito ragionamento "la Germania", "l'Italia"... Il materialismo storico da teatro dei pupi. La game theory del bar dello Sport. La storia raccontata a mi' nonno in cariola. Suvvia, proviamo a essere seri. Non esiste "la" Germania. Esistono diversi strati sociali e decisionali, diversamente (in)consapevoli dei propri interessi e dei propri obiettivi, che agiscono in modo scoordinato e che spesso hanno problemi di delega, per cui chi è stato messo in un posto per fare una cosa poi magari decide di farne un'altra.
In questo gran casino, emergono tendenze di fondo molto ma molto semplici che sto descrivendo da un anno a questa parte. L'unico dato certo è che la leadership tedesca vede avvicinarsi le elezioni ed è prigioniera (come del resto i piddini nostrani) delle menzogne con le quali ha imbottito la testa dei suoi elettori: la colpa è di quelli del Sud, vogliono attentare al nostro stile di vita, ora dobbiamo pagare per loro, und so weiter, und so fort...
Lo capite questo? Capite come va a finire? No? Mi dispiace, ma è un problema vostro. Invece di passare le giornate a tesser metri e metri di pizzo di Alençon, perché non vi fate un giretto su vocidallagermania, così capite che aria tira? Tutto gratis, e tutto in italiano. E Quarantotto è da un pezzetto e un po' che l'ha capito e ce lo dice.
Naturalmente qui non è in gioco né la mia stima per te né quella per Emiliano. Sono in gioco le nostre terga: mie, tue, di Emiliano, e di un'altra sessantina di milioni di persone. Ormai quella di tirare troppo la corda o segare troppo il ramo non è più una decisione che un singolo agente consapevole e razionale, con davanti la sua bella matricetta dei payoff (statici) prende sorseggiando un tamarindo. No. Quella decisione ormai è già presa dalle correnti sotterranee e vorticose della Storia (in my fucking arrogant opinion, naturalmente). E non credo che possa andare questa volta in modo molto diverso dalle precedenti.

Siamo già nel dopo, cacciatevelo in testa.

Lei lo sa. E infatti sconsolata canta: Meine Ruh ist hin, mein Herz ist schwer...






E la morale della favola? Questa volta ce ne sono due: la prima è la solita. La seconda è che forse in futuro il tedesco potrebbe essere meno utile di quanto avevamo supposto. Quindi traduco per la feccia di Goofynomics (cioè, affettuosamente, per Ecodellarete s.s.d.) quello che l'élite (Schneider) avrà già saputo a memoria:

 
FAUST. Nella miseria! Disperata! Lungamente tapina sovra la terra, ed ora prigioniera! Quella soave anima, gettata come un malfattore in un carcere, è riservata a tormenti spaventevoli! fin là! fin là! — Perfido, indegnissimo spirito, e tu mi hai tenuto nascosto ogni cosa! — Sta, sta qui ora! Torci minaccioso in qua e in là que' tuoi occhi diabolici! Statti, e insultami della tua insoffribile presenza! Prigioniera! In rovina irreparabile! Data in preda ai mali spiriti, e alla spietata giustizia degli uomini! E tu intanto mi allettavi a schifosi dissipamenti, mi celavi le sue crescenti miserie, e la lasciavi priva di ogni soccorso perire.
MEFISTOFELE. Non è la prima.

E questo è l'altro:



CORO. Judex ergo cum sedebit
Quidquid latet adparebit,
Nil inultum remanebit.
GHITA. Ohimè, io affogo! I pilastri mi si serrano contro; la vôlta mi pesa sul capo! — Aria!
LO SPIRITO MALEFICO. Nasconditi! Il peccato e l'ignominia non rimangono nascosti. Aria, tu dici? Luce? Guai, guai a te!

Il romanesco lo sapete, quindi stiamo a posto.


Und küssen sie,
so wie ich wollt,
an ihren Küssen
Vergehen sollt!

(perché avrò tanti difetti, ma quello no - ma solo perché non è un difetto).

P.s.: dai Eco, che a te far parte della feccia piace. E pure a me.